The Walk
Da pochi giorni è iniziato il campionato mondiale di calcio in Brasile, in piazza Vittorio Veneto a Torino ogni bar/pizzeria ha il suo maxischermo ultrapiatto con impianto dolby attorniato dai tavoli, tutto in ordine: lo spazio della visione è transennato.
In contemporanea, comincia la diciannovesima edizione del Festival delle Colline.
Il punto in comune fra i due eventi è lo spettacolo, le vite di tutti.
Sempre a Torino c’è chi ha occupato la Cavallerizza Reale e dato il via ad un percorso di riappropriazione di spazi pubblici, in Brasile c’è chi lotta contro l’arrogante macchina della Fifa e del governo nazionale.
Il punto in comune sono i corpi di chi è lì a lottare per difendere beni comuni dalle privatizzazioni.
Cammino per Torino e la superficie delle cose è immobile, anche le camionette dei poliziotti che sempre più spesso presidiano strade e piazze sembrano lì da sempre. Come le statue dei soldati del monumento in piazza Carlo Alberto o quelle dei soldati in piazza Castello.
Torino è piena di soldati in posa. Divise ovunque.
Torino è teatro di un cambiamento nazionale.
Lo si sente, se si presta attenzione, che è qui che è in atto la prova generale di qualcosa che verrà replicato in tutto il paese. Le recite sono già piazzate, biglietti esauriti.
A Torino il teatro lo si incontra per strada.
La lista delle lotte sarebbe lungo.
L’atto del camminare innesca la voglia di narrare, si diventa cosciente del ritmo del respiro che va con i passi e la voce segue con i suoni, le parole. La narrazione è il percorso.
Raggiungiamo piazza Castello, all’angolo con via Garibaldi è il punto di ritrovo per assistere a The Walk di Cuocolo & Bosetti.
Il sole si riflette sulle vetrate di palazzo Madama.
L’architettura di Juvarra riflette luce gialla, di un altro Sud. Ad ognuno di noi, siamo una ventina, vengono affidate un paio di cuffie collegate ad un apparecchio ricevente. Le indossiamo cinque minuti prima delle 21:30. Tutti insieme disposti in circolo – accomunati dalle apparecchiature che indossiamo e dall’attesa che arrivi qualcuno.
Che lo spettacolo inizi.
Formiamo un gruppo, ci spostiamo verso Palazzo Madama, fra le fontane in cui si bagnano i ragazzi l’ultimo giorno di scuola. Alcuni bambini giocano con l’acqua, sono zuppi e ridono. Un pallone rotola. Ci raggruppiamo ai piedi della statua del soldato dell’esercito sardo (ancora uno) posto a guardia del palazzo. Le persone che attraversano la piazza ci guardano. Siamo insieme e isolati nello stesso luogo, nell’atto stesso di aver dato inizio tutti insieme ad un’azione teatrale. Siamo nello spettacolo e non ce ne rendiamo davvero conto. Siamo in due luoghi contemporaneamente.
Il sole tramonta e la voce arriva.
È lì con noi, ci descrive la piazza, la luce che cambia di minuto in minuto, le persone che ci passano accanto.
“Questa è la mia voce.
Seguitemi.”
Comincia il cammino, la storia comincia a srotolarsi.
Un’amicizia solida fatta di complicità e condivisione, discorsi, passeggiate.
Attraversiamo piazza Castello e imbocchiamo via Palazzo di Città.
Siamo all’interno di uno spettacolo che tiene in sé memoria, narrazione e cammino. È teatro (teatro come raramente si può percepire sulla propria pelle) in viaggio per le strade di una città, in equilibrio su tacchi altissimi.
The Walk è un esempio, una lezione di teatro che nel suo farsi è politico.
“Camminare è una modalità del pensiero, pensiero pratico”
Camminiamo e percorriamo un sentiero già tracciato, seguiamo le tracce di un uomo che è mancato. Camminiamo per le stradine del quadrilatero romano, passiamo davanti a gelaterie e ristoranti e allo stesso tempo siamo trasportati in un territorio intimo, privato. Oltre le vetrine ci sono persone che mangiano, bevono, sorridono. Noi seguiamo il racconto di un’amicizia.
Un amico mancato all’improvviso.
“La voce è la prima cosa che se ne va.”
Il cammino è fatto di accelerazioni e rallentamenti, ci sono cambi di direzioni, ripensamenti. Roberta Bosetti – bravissima – compie scarti fisici e narrativi. Ci irretisce con la sua voce e ci scuote dal torpore del quotidiano.
“Per camminare ci vuole rabbia.”
Quella di una vita, penso io, quella che bisogna trasformare prima che ci uccida dentro.
“Ho detto troppo.
Forse non abbastanza.”
Tiro fuori il mio quaderno e la voce di Roberta dice che “chi scrive dimentica. Appunta e dimentica”. Lo sta dicendo a tutti, fa parte del testo, lo sta dicendo a me che provo a fissare su carta le sensazioni, le parole mi incidono il timpano.
C’è chi si ferma a guardarci, guarda una comitiva muta che guarda avanti, che segue una donna elegante in tailleur. C’è qualcuno di noi che chiude gli occhi di tanto in tanto. C’è chi fuma e si perde a guardare i pochi edifici medievali rimasti a Torino.
“Questa è la mia voce, seguitemi”
Roberta ci porta in un cortile, entriamo in un portone e poi la seguiamo su lungo una scala di un palazzo, entriamo in una galleria d’arte. Un gatto a guardia dei quadri ci accoglie. Togliamo le cuffie, all’interno della galleria la voce ci arriva leggera, senza il sottofondo dei rumori della strada. Le luci si spengono e comincia il sogno. Un sasso cade da una scogliera e non si sa se cadrà sulla spiaggia o in acqua. L’arte, la vita, il teatro, il senso del teatro e quello di una vita. La fine, quella fine, che dà (o meno) senso alla vita. Mi perdo nel racconto del sogno.
Il gatto miagola, è tempo di riprendere il cammino.
“Ho detto troppo.
Forse non ancora abbastanza”
Attraversiamo via Pietro Micca, soldato minatore dell’esercito sabaudo, poi via Monte di Pietà, poi la galleria San Federico “un uomo si spara due colpi di pistola nel braccio, questa è verità”, sul marciapiede su via Roma passano due poliziotti, due alpini e un vigile. Questa è rappresentazione.
Arriviamo in piazza San Carlo, Roberta ci chiede di fermarci, lei procede e supera l’ennesima statua eretta in memoria di un soldato. Mi accovaccio e chiudo gli occhi sopraffatto dall’emozione, dalla sensazione d’essere vivo, d’aver fatto una scelta tanto tempo fa, stordito dalla responsabilità di quella scelta in questo paese. Roberta si allontana e sento la sua voce, sento risuonarmi in testa il suono delle parole, alcune ora mi sfuggono…
“… uscire in strada…
Incontrare l’altro…
camminare…
Ci fosse un’idea geniale…”
La voce tace e torna il fruscio. Mi tiro su e siamo tutti lì, qualcuno sta restituendo radiolina e relative cuffie e riprendendo il documento lasciato in pegno. Non c’è stata la possibilità di un applauso.
Mi sveglio dall’incanto.
Questa è vita.
– The Walk di Roberta Bosetti & Renato Cuocolo / Compagnia: Cuocolo/Bosetti IRAA Theatre