Diario di Zona, seconda pagina

15 giorni passati in centro, 4 zone completate. Mi sono già spostato verso la periferia ed è meglio dar una forma decente agli appunti presi prima che passi troppo tempo.

Intanto mi hanno rinnovato il contratto, mi hanno mandato una copia firmata dall’amministratore delegato.
Buona cosa: avrò ancora uno stipendio accreditato sul conto corrente per pagare le spese.
Cattive cose: Eh no, non va bene lamentarsi.

Zona 614, Centro: C.so Siccardi / via Bertola / via Garibaldi /Via San Francesco d’Assisi

Il lavoro procede abbastanza spedito, non fosse per il caos sul palmare, che mi fa andare avanti poi indietro e mi perdo tra le viuzze col mio scarso senso d’orientamento, e per il fatto che è la prima volta che lavoro in questa zona. Cosa che mi costringe a stare attento a molte cose che di solito passando per le stesse vie non vedo. Ad esempio la targa dell’Anpi dedicata a Guinet Oliver, Partigiano, 30/04/45 e quella dedicata a Liberina Lucca, Staffetta partigiana, 27/04/45.

Ogni tanto mi capita di avere la sensazione di leggere troppo. Magari non è davvero così, penso che piuttosto sia frustrazione. Penso sia dovuto al fatto di non avere, al momento, la possibilità di salire su un palco e mettermi a lavorare su un testo. Mettere alla prova le parole e creare qualcosa. Nella tasca della giacca ho Bambiland di Elfriede Jelinek edizione Einaudi. Un testo duro, difficile.
Mi fermo accanto alla bici, e comincio a leggere in piedi in via Garibaldi, a mezza voce, giusto per farmi sentire da chi mi passa accanto e, anche se non mi è mai piaciuto fare teatro di strada -pur avendolo fatto-, penso sia giusto portare un po’ di teatro per strada.

“Già penetra già si spinge il sole, messaggero primo del dolore, fino al signor comesichiama, tutti sanno come si chiama, già l’esercito penetra la città, imponente per dimensioni, l’esercito, ma non abbastanza potente, si infila a fatica attraverso affamati, assetati, l’esercito, anche attraverso la città piena di gente incombe sulla strada, troppo grande, smisurata nelle cifre, la città, in fondo ha un’aria familiare…”

Sguardi curiosi ma non troppo, si va di fretta a causa dei saldi; qualcuno si incuriosirà e si appunterà il nome del libro? Leggo due pagine e riprendo a fare le letture dei contatori.

Zona 604, Centro: C.so Vittorio Emanuele / via Cavour / via Roma / via Accademia Albertina

Contrasti: negozi con roba in vetrina che costa uno sproposito. Clochard avvolti in coperte che stanno sotto i portici, alcuni in compagnia di un cane, a chiedere qualche spicciolo. Le persone abituate ai negozi, alle vetrine, ai clochard, passeggia, compra, parcheggia in doppia fila SUV che sembrano monolocali in movimento. Un “locale di ristoro” che ha un’insegna da gioielleria piena di ragazzi a cui non manca la paghetta per sembrare ciò che sono e si vede dai moncler, dai pellicciotti, dallo sguardo sprezzante. Di fronte c’è una gioielleria che si vanta di essere fornitore ufficiale della realcasa. La principale vetrina di Torino è via Roma; la viuzza in cui sono ubicate sia la gioielleria, sia il “locale di ristoro” e dove si accavallano i SUV è via Antonio Gramsci. E ogni volta, provare fastidio è cosa giusta.

In via Cavour: Lorenzo Cravero, partigiano, morto a Mauthausen 18/12/44

Nella stessa via, nell’atrio di un palazzo trovo uno scaffale in cui stanno dei libri a disposizione di chi passa. Chiunque può prendere un libro o lasciarne uno. Bookcrossing di quartiere.

Piazza Bodoni: Banderali Riccardo, partigiano, 10/4/45

Zona 603, Centro: C.so Vittorio Emanuele / via Cavour / via Accademia Albertina / C.so Cairoli

C’è un palazzo in via Accademia Albertina in cui non sono mai entrato, il portone è sempre chiuso, non c’è il citofono. Quando accade così scatto una foto al civico, evidenzio la nota “inaccessibile” e vado avanti. Questa volta il portone è aperto, entro. Una donna sta davanti a una buca delle lettere piena di pubblicità, l’androne è sporco, c’è puzza di piscio di gatto.
Chiedo se può aprirmi le cantine e mentre parlo sento che la cosa è decisamente fuori luogo: il posto ha l’aria di essere disabitato quindi potevo risparmiarmi la richiesta.
La signora comincia prima col dirmi che lì son rimaste solo due famiglie e di certo non hanno le chiavi delle cantine. Mi dice che il palazzo era del comune che s’è indebitato a causa delle Olimpiadi del 2006 e per tappare il buco ha ceduto il palazzo alla società debitrice che, mi dice la signora, ha presentato un progetto edilizio “mai visto”.
In che senso mai visto, chiedo.
Per quanto è bello, mi dice.
Così la società sfratta tutti gli inquilini. Vanno tutti via, tranne lei e l’altra famiglia.
Anche il cortile interno è sporco, carte ovunque, immondizia ammucchiata in un angolo che vengono a prendere quando si ricordano, puntualizza la signora.
Tutti gli ingressi degli appartamenti dal ballatoio sono murati, immagino che sia così anche per tutti gli altri.
In estate abbiamo avuto le pulci, sa, ci sono i gatti. E meno male.
Perché? chiedo.
Perché i gatti non li possono mandare via, non li possono cacciare e non possono iniziare i lavori. Fin quando resteranno i gatti potremo restare. Se non mi fanno l’ingiunzione di sfratto non vado via. Ho cercato, ma chi affitta una casa a una famiglia con due bambine e con mio marito in mobilità? Se non mi fanno l’ingiunzione non posso chiedere la casa popolare, mi hanno offerto dei soldi ma non li ho presi. Che ci faccio? Ne ho spesi di più per ristrutturare la casa, pensavo di poterla comprare.
Lì, indica alcuni appartamenti al primo piano interno cortile, c’erano dei marocchini, hanno preso 15.000€ e ora hanno anche la casa popolare perché sono stranieri. Io non sono razzista, però…

Però è un attimo.

In via dei Mille al 28 ci sta la chiesa di San Massimo, che non mi interessa né dal punto di vista architettonico né per quello religioso, ma per quello che sta scritto sulla targa messa accanto al sagrato: tra il 1943 e il 1944 lì si svolsero riunioni del CLN e nel 1945 vi fu installata una ricetrasmittente degli Alleati. Il parroco Pompeo Borghezio accolse ebrei e partigiani. Chapeau!

Zona 615 Centro, Pizza Castello angolo Via Roma / Via Garibaldi / via Bertola / Via San Francesco d’Assisi

Una zona molto tranquilla, molti i palazzi con portineria. Una custode mi accoglie urlando: cosa deve fare? Contatore dell’acqua o del vino? Ovviamente non è di origini piemontesi, chiacchierando mi dice di essere abruzzese.
Incontro anche un barista della tipologia “stronzo“, uno di quelli che guardando dall’alto in basso dice: io sto lavorando! Certo, e il mondo intero è invece lì a guardarti.

Via Roma, vetrine di negozi di borse o di abbigliamento che faccio a distinguere dalle vetrine delle gioiellerie. Mi fermo a guardare una stilografica di “una certa marca” Hitchcock ed. lim. a 2739€. Mando mentalmente a cagare chi ha disegnato il gioiello e mi sposto sull’altra vetrina dove, su piccoli podii e tempietti, stanno gerarchicamente disposti alcuni orologi. Ho un orologio che porto pochissimo perché, avendo l’orologio nel cellulare, nel palmare, nel computer, per strada decisamente non ne sento il bisogno. Non sono un appassionato ma due in particolare attraggono il mio sguardo, sia per la posizione che hanno in mezzo agli altri, che per i prezzi: 1160€ e 2980€. Faccio il confronto con quanto guadagno con questo lavoro in un mese di fatica. Guardo meglio e realizzo d’aver letto male: 11600€ e 29800€. Carini.

Per strada capita di incrociare persone che parlano al telefono a voce un po’ alta, di passare in mezzo a capannelli di persone intente a discutere di qualcosa davanti a un bar, o un edicola. Capita di captare qualcosa:

– Non mi è arrivato lo stipendio. Per questo ti dico. Sì. Ho raschiato il fondo.

oppure:

Pol1: Se non c’è benzina nelle macchine a chi cazzo dobbiamo chiedere?
Pol2: Ma com’è possibile che non c’è un responsabile?
Pol3: […]
Pol1: E quelli del sindacato?
Pol3: […]
Pol2: Se non c’è benzina, di pattuglia non si va.

(In base al numero di interventi fatti in occasione delle manifestazioni Notav a Torino sembra che la benzina sia stata poi messa nei mezzi della PS.)

Un ragazzo, un barista con i cappelli gialli pettinati alla Billy Idol:
Mi è arrivata una bolletta da paura. Costa un casino l’acqua!
Veramente no, quanta ne consumi?
‘Cazzo ne so! Faccio il barista io.

I believe in miracles! :-)