Le presidentesse di Werner Schwab a Prospettiva150
Le presidentesse, testo di Werner Schwab per la regia di Krystian Lupa, è andato in scena il 12 Ottobre al teatro Gobetti di Torino all’interno del festival Prospettiva150. Un’opera teatrale con brave attrici, bella ed efficace regia. Scenografia molto fedele alle indicazioni presenti nel testo: un microcosmo di squallore e cattivo gusto, e bel disegno luci… Insomma, uno spettacolo teatrale.
Il teatro dovrebbe incidere nella realtà, portare qualcosa, e sia lo spettacolo che il testo de Le presidentesse operano in tal senso. Lo spettacolo lascia il segno: attraverso una recitazione realistica, attenta alle sfumature, senza ammiccamenti, con un ritmo decisamente serrato e con una tensione fra le tre attrici che mi auguro abbia creato nel pubblico un certo fastidio da pressione e conflittualità repressa, che abbia stancato e mosso a porre e porsi qualche domanda sul perché di tutta questa rabbia. Fa sentire il disagio di assistere a tanta miseria umana, fa scaturire domande.
Helga, Greta e Mariedl hanno vite e storie diverse e sono accomunate dal loro essere proletarie, incolte, fanatiche cattoliche che vivono una vita di merda con il solido sostegno della loro fede perché “La fede è l’unica ancora di salvezza in questa valle di lacrime”. I loro corpi, attraverso le posture, ci raccontano ben prima delle parole che in loro pulsa una violenza subita senza coscienza, un abbrutimento fatto di lavori schifosi, alcool e trasmissioni di messe celebrate da Papa Giovanni Paolo II. Accomunate dalla loro solitudine parlano delle loro miserie: Helga rimpiange i nipotini che suo figlio Herrman, alcolizzato, si rifiuta di far nascere, disgustato dall’umanità; Greta ha una figlia che prima di partire per l’Australia si è fatta asportare utero e ovaie; Mariedl stura i cessi (sia di poveri che di signori) a mani nude, una missione interclassista la sua, perché: se Dio ha creato tutto ha creato anche la merda, e come fa la merda a essere cattiva?
Schwab è noto per aver scritto drammi fecali e in molte occasioni si è riso, durante lo spettacolo, della dimensione scatologica dei dialoghi. Il punto è che la merda di cui si parla ci riguarda, perché se si mette in risonanza lo spettacolo, il testo e ciò che sta accadendo in Italia e nel mondo si capisce che la nostra condizione non è poi così lontana da quella dei personaggi. E in realtà c’è ben poco da ridere.
Krystian Lupa nella parte finale nei suoi appunti ai margini scrive : “Alle manifestazioni di aggressività e di impotenza dei reietti reagiamo con un gelido distacco e con la separazione. Noi stessi con la nostra alienazione separiamo ed escludiamo. Questo crea una finta appartenenza. Molto pericolosa.”
Quanta responsabilità ci assumiamo quando guardiamo uno spettacolo (o quando siamo per strada) ? Quanti si chiedono: cosa c’entra questa *cosa* con me? con la mia vita? Con le azioni che compio nel mio ambiente? Quanta rabbia? Quanto sfruttamento subisco e scarico sugli altri? Quanta merda?
Helga, Greta e Mariedl per calmare gli animi e le tensioni bevono e cominciano a fantasticare sul futuro, immaginano la soluzione dei loro problemi e il cambio di vita come se fosse un film in cui “ci sono sempre anche tanti problemi drammatici, ma poi arrivano le brave persone che li fanno sparire dalla faccia della terra.” E quando arriva il turno di Mariedl l’atmosfera cambia. Lei, che già nella prima scena aveva esordito dicendo che “la vita è schietta e sincera e ti mostra ogni giorno di cosa è fatta. Basta infilare una volta il braccio nella tazza che ti passa subito tutto il senso di schifo”, con semplicità sviluppa in modo plausibile le storie create dalle due amiche che vedono le loro illusioni dissolversi e il punto di equilibrio e compromesso con il mondo perdersi: “tutti i cuori sono in festa e traboccano di felicità, quasi come gabinetti intasati”.
Lo spettacolo termina con Helga e Greta che tagliano la gola a Mariedl, che col suo racconto non riesce a innescare alcun momento di confronto con le due compagne di miseria. E questo riguarda un po’ tutti, perché c’è da riconoscere la violenza, la rabbia e la frustrazione come esperienze comuni e non di pochi o molti disadattati che possono o meno mandare in rovina le nostre illusioni o i nostri buoni propositi. La violenza di Helga e Greta è *normale*, è quella di chi è convinto di agire nel migliore dei modi, sorretto da una fede ottusamente sincera.