Treno Cavallo e Tram – IV / Torino
Comunque alla fine sono uscito: presi il treno a San Giuseppe, e venni a Torino. Arrivato a Torino: non sapevo dove battere il naso! La stazione: prima volta che la vedevo! “Porta Nuova”. Ah, mi pagarono anche quei cinque anni che ero stato lì. Perché avevo sempre fatto il falegname per gli altri, e mi dettero 2 lire e 50 centesimi. Mai visti tanti soldi così. Volevo andare al Regio Parco, così chiedo a un vigile che tram bisogna prendere. E lui mi dice: Prenda l’8, scenda al Regio Parco, dove fa capolinea. Arrivai qui alla Barca, dove mio padre faceva il maniscalco. Solo che mio padre era ancora in Africa volontario. E io con quei 2 e 50 comprai due pagnottine e basta, perché bisognava che li facessi durare; arrivarono le dieci e non sapevo dove andare a dormire. Sotto il ponte della Stura andai. Dormii sotto il ponte della Stura tre mesi. Era giugno, luglio, agosto: potevo stare.
Poi una mattina vado su sul ponte e vedo mio padre che sta venendo giù. Mi fermo, guardo meglio, per non sbagliarmi: era proprio lui. Giro la schiena e scappo via subito, perché avevo quei cinque anni nello stomaco e non riuscivo a digerirli. Poi però una notte mentre dormo mi sento toccare, apro gli occhi: mio padre e mi chiede perdono e io: No. Ma a lungo il perdono che m’ha chiesto, gli ho detto: Sì, ti perdono – e buonanotte. Allora lui si mise di nuovo alla Barca, a fare il maniscalco. Eravamo io, lui e di nuovo quel garzone, Notu – era di nuovo venuto a trovarci, che brava persona. E lavoravo sempre lì. Finché andai a fare il militare.
Vado a far la visita, mi chiedono: Che mestiere fa lei? Io: Il maniscalco. – E allora la mandiamo al Primo Nizza Cavalleria, in corso Unione Sovietica. Così andai lì, dove facevo il maniscalco e il militare. E andò avanti così quasi un anno, sempre qua a Torino. Solo che la sera, quando ero in libera uscita, rientravo quasi mai per le nove, io dormivo a casa e la mattina alle quattro mi alzavo, prendevo il numero 8, che passava proprio davanti al Primo Nizza Cavalleria, ma non scendevo davanti all’entrata, la fermata dopo. Lì, c’era un cancello di ferro – tròcchete – montavo su, scendevo giù e andavo in mascalcia. Tanto io non avevo né appello… niente. E lo feci per diverso tempo. Una mattina salto il cancello e c’era la ronda sotto che mi aspettava. Si vede che mi avevano visto, o qualcuno avrà fatto la spia – non lo so. E mi chiesero come mai io avevo… allora io trovai la scusa: mio padre stava male e ero stato lì con lui. Alla mattina mi mandarono dal comandante: il Colonnello Calcagno. La persona più cattiva di questo mondo
– Si prepari che fra due giorni lei va a Favria. Va a fare il corso di radiomarconista. –